Ha ricevuto un riconoscimento come cittadino virtuoso e meritevole da parte della Polizia, il 13 aprile, ma non ama farsi chiamare “eroe” sui giornali: stiamo parlando di Vincenzo, il tassista vastese che ha accompagnato l’autore della sparatoria avvenuta a Pescara fino ad un’area di servizio nelle Marche e lo ha consegnato alla Polizia.
Ecco di seguito il racconto della vicenda.
“Sono stato contattato da Pecorale che mi chiedeva di andare a prenderlo a Pescara. Mi aveva già contattato precedentemente. Io ovviamente ero ignaro della questione, e parlavamo del più e del meno.
Durante il tragitto mi ha chiesto se fossi disposto a portarlo fino in Svizzera. Gli ho detto che il costo sarebbe stato importante e ho fissato il prezzo sui 1500 euro. Dopo aver concordato il prezzo e l’orario, sono andato a prenderlo nuovamente a Pescara e il nostro viaggio è cominciato. Poco dopo, però, sono stato raggiunto da una telefonata da parte dei Carabinieri. Lui deve aver sentito qualcosa ed ha cominciato ad agitarsi. Subito dopo sono stato contattato dalla Polizia: ho seguito le loro istruzioni e mi hanno indicato l’area di servizio in cui fermarmi.
Cercavo di non far intendere la situazione, ma dalle telefonate il ragazzo aveva preso coscienza dei fatti. Era visibilmente agitato: ho dovuto mantenere la calma ed il sangue freddo”.
Come si fa a mantenere la calma in questi casi? Lei non aveva paura?
“Certo, ho pensato potesse fare qualsiasi sciocchezza, anche perché il ragazzo era armato: ma io ho cercato di parlarci con calma. E’ stato difficile gestire le emozioni interne e mostrare tranquillità, ma ho gestito la situazione. Mi sono fermato dove era stabilito e la Polizia è intervenuta: è stato un momento di agitazione per tutti. Io sono un ex finanziere in pensione, con 40 anni di esperienza in questo lavoro: l’addestramento che ho fatto con la Guardia di Finanza è stata un’esperienza che mi ha formato. Questo mi ha aiutato. La divisa non te la togli andando in pensione. Non ho avuto paura perché sentivo di avere il controllo della situazione, anche se ovviamente dentro di me avevo tanti pensieri. Non amo essere chiamato eroe perché mi considero un cittadino che ha fatto il suo dovere: mi sono ritrovato in una situazione particolare e l’ho gestita come meglio ho potuto!”